1945-50 Comunicazioni nel dopoguerra

Telefono

Il primo passo verso il rinnovamento delle comunicazioni del dopoguerra avviene nel  1941 con la costituzione della società Italcable-Servizi Cablografici, Radiotelegrafici e Radioelettrici S.p.A. nata dalla fusione tra la Compagnia per Cavi Telegrafici Sottomarini (Italcable) e la Società Italo Radio.

Nel 1945 Il numero degli abbonati scende a 459.361. Erano 634.483 nel 1942, prima dei grandi bombardamenti.

Buona parte delle infrastrutture sono distrutte o in cattive condizioni. La tradizionale tariffa a canone fisso viene sostituita dalla tariffa a contatore.3255_2.jpg

Il periodo che va dal 1945 al 1949 vede le società telefoniche impegnate in un’intensa opera di risanamento finanziario e strutturale. Gli aumenti tariffari decisi dal governo (1948), la crescita del numero degli abbonati, il progressivo incremento di produttività, il raggiungimento di una fase di stabilità monetaria e il rallentamento della dinamica dei costi del lavoro, contribuiscono al miglioramento dell’assetto economico delle società telefoniche. L’ammodernamento delle strutture significa, tra l’altro, l’adozione di cavi coassiali, dei ponti radio e di una nuova generazione di centrali automatiche. Il piano Marshall mette a disposizione delle società telefoniche italiane le tecnologie maturate nell’ultimo decennio nei paesi anglosassoni.

Da registrare nel 1946 la prima applicazione presso la società TIMO di un sistema interurbano automatico rotativo predisposto per il passaggio alla “teleselezione da utente”.bb2f_1_sbl.jpg

Nel 1949 la STET acquisisce la Siemens Italia. Gli anni della direzione di Guglielmo Reiss Romoli coincidono con un’ espansione della STET che riesce ad adeguare la dotazione degli impianti all’aumento della domanda.

TETI e SET operano con maggior cautela perché temono che alla scadenza del rinnovo delle convenzioni le loro strutture possano essere acquisite gratuitamente dallo Stato.

 

Radio

L’11 settembre del 1943, comincia a trasmettere Radio Bari.  

Grazie alla sua potenza di 20 kw, essa può svolgere una preziosa funzione di sostegno alla Resistenza e di informazione dalle zone in guerra. 

Due giorni dopo la liberazione della città eterna, Radio Roma apre le nuove trasmissioni con la notizia dello sbarco in Normandia. 1950grundig-300h.jpg

In realtà funziona soltanto il trasmettitore di monte Mario, ma all’evento collaborano giornalisti, programmisti e intellettuali antifascisti.

Il 14 giugno del 1945, si insedia la nuova gestione dell’EIAR, Sotto il controllo delle autorità militari alleate.

Con il DLL 26 ottobre l’EIAR cambia denominazione in RAI (Radio audizioni Italia).

Il 25 aprile del 1945, Radio Londra trasmette un resoconto della giornata di liberazione dell’Italia.

A Roma, viene acceso  un nuovo trasmettitore da 100 kw.  

Alla fine della guerra,  gli impianti in onde medie rimasti in funzione, sono 12, solo 2 in onde corte.

L’1° ottobre del 1948, è un giorno importante per la radiofonia italiana: entra in funzione a Milano la prima stazione sperimentale di radiodiffusione a modulazione di frequenza con 3 kw.    Un altro trasmettitore della nuova rete MF viene installato, poco dopo, anche a Torino.La radio riprende fiato; cominciano i nuovi programmi:  

la trasmissione “Vi parla Alberto Sordi”, richiama  l’interesse di molti ascoltatori, mentre il sabato sera,  Garinei e Giovannini, curano la rivista radiofonica “La bisarca”.  dac90a.jpg

Il 1950, è un anno di rinascita per la radio: nel mese di ottobre,  iniziano le trasmissioni del Terzo programma, con deciso indirizzo culturale, diffuso dalla nuova rete a modulazione di frequenza e da tre trasmettitori a onda corta.   

 

Servizio Postale

La ripresa del servizio postale al Nord , nelle regioni ex R.S.I., fu attuata dopo circa venti giorni dall’interruzione, cominciata con l’insurrezione partigiana e continuata al passaggio del fronte delle forze Alleate, venne poi confermata dal Governo Militare Alleato che decretò la ripresa alla metà di Maggio.
Al Nord le nuove tariffe postali del dopoguerra entrarono in vigore in ritardo
dal 1 Luglio “45 uniformandosi al resto dell’Italia.posta.jpg
Dal punto di vista postale l’evento più eclatante fu il vertiginoso aumento delle tariffe, al Nord dopo la fine del conflitto l’affrancatura della lettera era di £ 1 e al sud di 2 £; quindi dalla fine della guerra al 1 Agosto 1947 la lettera passò da 1-2 lire a ben 10 lire, obbligando gli utenti ad affrancature multiple di piccoli valori oramai inservibili altrimenti. Come si può arguire, il servizio specie nei primi tempi era veramente disastroso per lo stato delle strade e delle ferrovie; praticamente le due Italie erano separate dal Po che interrompeva le comunicazioni fra Nord e Sud, e per arrivare a volte le corrispondenze facevano giri ben strani.

 

ANAS – Strade

Al termine della seconda guerra mondiale, la situazione infrastrutturale dell’Italia era giunta al collasso: mentre l’opera di manutenzione era stata interrotta, le devastazioni causate dai bombardamenti aerei e dai combattimenti con l’artiglieria pesante avevano reso del tutto impraticabile il sistema dei trasporti su strada e su ferrovia.

Per quanto riguarda la rete viaria, in particolare, basti pensare, per avere un’idea dei danni subiti dal Paese in seguito alla guerra, che sulle sole strade di interesse nazionale erano stati distrutti più di 1400 ponti ed erano stati danneggiati oltre 14.700 chilometri di strade. I danni più gravi si erano avuti, naturalmente, nelle zone più interessate dalla guerra, tra la Linea Gotica e la Linea Gustav, perché lo spostamento da una linea all’altra del fronte portò con sé l’inevitabile distruzione sistematica operata dall’esercito tedesco in ritirata e tesa a ostacolare l’avanzata degli eserciti alleati.

Solo dopo il crollo della Linea Gotica, invece, la precipitosa fuga tedesca fece sì che le infrastrutture dislocate nel Nord Italia fossero risparmiate. A queste distruzioni vanno aggiunte, naturalmente, quelle legate alla capacità produttiva del Paese: oltre alle perdite umane – quasi mezzo milione di persone, tra civili e militari -, furono distrutti, relativamente alla parte logistica, il 60 per cento delle locomotive, la metà dei carri adibiti al trasporto merci, il 50 per cento delle automobili, la quasi totalità degli autocarri, il 30 per cento degli autobus.ford501.jpg

Sul piano della produzione dei semilavorati con importanza strategica per i trasporti, bisogna infine considerare che in seguito alla guerra erano andati persi il 67 per cento della capacità di produzione della ghisa e il 34 per cento di quella dell’acciaio. I fondi per la difficile ricostruzione, che si svolse quasi completamente tra il 1945 e il 1950, vennero dal piano di aiuti economici messo a punto dalle autorità statunitensi: il piano ERP (European Recovery Plan), più conosciuto con il nome del suo promotore, Marshall.

A partire dal 1950, la ricostruzione prese la forma del cosiddetto miracolo economico: quello del più rapido sviluppo dell’economia, della crescita della produzione industriale a livelli vertiginosi e del consumo di massa.

Questa forte espansione dell’economia italiana fu senza dubbio favorita anche da una oculata politica di crescita infrastrutturale che portò il sistema dei trasporti italiano, fino ad allora decisamente arretrato, a livelli ottimali per lo sviluppo dell’economia di mercato. Nulla, meglio di alcune cifre, può darci la misura della relativa arretratezza della rete stradale italiana negli anni Cinquanta: 190.000 chilometri complessivi, con un rapporto medio di 0,63 chilometri per chilometro quadrato.

Se prendiamo quest’ultima cifra come parametro comparativo per valutare la situazione europea, troviamo 0,94 chilometri dell’Olanda, 1,57 del Belgio e il resto dell’Europa con: 1,27 in Francia, 1,20 in Gran Bretagna, 1,38 in Danimarca. Qualitativamente la situazione della rete viaria italiana di quel periodo è ancor più arretrata.

Non solo per l’ineguale distribuzione delle infrastrutture sul territorio nazionale (nel 1958, si calcola che il solo Settentrione disponesse di complessivi 95.543 chilometri di strade, contro i 42.753 del Centro e i 39.257 del Sud e delle Isole), ma anche per la loro scarsa qualità: basti pensare che degli oltre 45.000 chilometri di strade provinciali, il 39 per cento era costruito con sistemi arretrati, mentre solo il 61 per cento era stato costruito o ammodernato con il sistema detto “macadam protetto”. Per quanto riguardava invece il sistema autostradale, orgoglio dell’Italia prebellica, la situazione non era certo migliore.

Nell’immediato dopoguerra, l’Italia contava complessivamente 311 chilometri di autostrade, in buona parte insufficienti per la gestione di un traffico di uomini e merci che si preparava a diventare di dimensioni europee.

Il 27 giugno 1946 fu costituita l’Anas, Azienda nazionale autonoma delle strade statali.

All’Anas furono naturalmente affidati la ristrutturazione, l’ammodernamento e l’ampliamento della rete stradale e autostradale: un obiettivo che l’azienda raggiunse nel 1954, quando poté dare l’annuncio del completamento dell’opera di ricostruzione.

Intanto il traffico automobilistico è diventato più pesante, più veloce, più intenso; per questo motivo, erano necessari investimenti notevoli per far fronte alle nuove sfide della viabilità, pena l’esclusione dell’Italia dal contesto economico internazionale.

l’Anas riuscì a mantenere la rete viaria nazionale in buono stato e a stanziare parte dei fondi necessari ad un ammodernamento della rete del Mezzogiorno.

 

Ferrovie

E’ ben noto a quanto ammontavano le distruzioni alla fine dei cinque anni di guerra: il 25% delle linee, oltre il 60% del parco rotabili, addirittura il 90% di quelle elettrificazioni che tanto avevano rese celebri le FS nei decenni precedenti. La ricostruzione della rete e dei rotabili fu qualcosa di straordinario: se gli Alleati avevano preventivato almeno 12 anni per ritornare alla situazione prebellica, già verso il 1952 locomotiva.jpgla ricostruzione poteva dirsi conclusa. Molti studiosi vedono tale data come una sorta di limite, di separazione tra la “ferrovia classica”, che svolge un ruolo fondamentale per la mobilità del paese, e l’inizio del declino, la perdita di competitività, il dirottamento delle risorse verso altri settori: in primo luogo, naturalmente, l’automobile privata.

In realtà, la situazione è un poco più complessa. E’ fuor di dubbio che gli anni Cinquanta hanno rappresentato una svolta nel modo in cui l’Italia e gl’italiani considerarono le proprie ferrovie. Nonostante l’impennata del traffico su gomme, fu realizzata una nuova linea veloce Firenze-Roma, che completò la tratta lasciata scoperta dalle due direttissime prebelliche inoltre le elettrificazioni continuarono con regolarità: la Milano-Venezia nel 1957 e la Milano-Torino nel 1961. vagone.jpgAnche se alla fine degli anni Cinquanta, molte linee principali non erano ancora elettrificate, inclusa la Bari-Reggio Calabria e la dorsale sarda,  il trasporto ferroviario ebbe un forte incremento, anche se non paragonabile a quello su gomma.

 

 

1945-50 Comunicazioni nel dopoguerraultima modifica: 2009-05-16T08:11:03+02:00da storia60a
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