1945-50 – Referendum

Fu un momento particolarmente importante: l’Italia nata dal risorgimento è sempre stata una monarchia adesso invece si prospetta la nascita di una repubblica. Il clima che precedette il Referendum fu di esasperata tensione, quello che seguì fu agitato da forti polemiche sulla regolarità: sospetti di brogli elettorali e azioni di disturbo durante il voto.

Nel 1945 l‘Italia è una monarchia ereditaria: il titolo di re d’Italia spettava al principe di casa Savoia; nel 1946 divenne una repubblica per effetto del referendum istituzionale. La neonata Repubblica, grazie al lavoro di un’Assemblea costituente, fu dotata di una costituzione avente valore di suprema legge dello stato, che sostituiva lo Statuto Albertino, sino ad allora vigente.

Il 2 giugno 1946, scheda.jpginsieme alla scelta sulla forma dello stato, gli italiani uomini e donne  (che votavano per la prima volta) elessero anche i componenti dell’Assemblea Costituente che fino all’elezione del primo parlamento svolse anche le funzioni di assemblea legislativa.

Un po’ di antefatti —> come detto la costituzione dell’Italia prima del 1946 era lo Statuto Albertino: promulgato nel 1848 da Carlo Alberto, re di Sardegna, la concessione dello Statuto rappresentò un notevole avvicinamento della monarchia sabauda verso le istanze pre-risorgimentali.

Nel 1861, dopo l’unificazione e la nascita del Regno d’Italia, lo statuto non fu modificato: prevedeva un sistema bicamerale, con il Parlamento suddiviso nella Camera dei Deputati, elettiva (ma solo nel 1911 si sarebbe giunti, con Giolitti, al suffragio universale maschile), e nel Senato, di sola nomina regia.

Lo statuto definiva rigidamente alcune facoltà e obblighi delle istituzioni (re compreso), riducendo la discrezionalità delle alte cariche dello Stato.

Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, l’Italia poteva essere annoverata tra le democrazie liberali: unico neo la non risolta questione del rapporto con la Chiesa cattolica, per i fatti del 1870 (presa di Porta Pia e occupazione di Roma).

La monarchia con Vittorio Emanuele III Vittorio%20Emanuele%20III.jpg , cominciò a deteriorare la propria immagine nel 1922 quando, in occasione della Marcia su Roma, il re rifiutò di decretare lo stato d’assedio predisposto dal primo ministro Luigi Facta e, contro la prassi, designò Benito Mussolini come primo ministro.

Ancora un brutto momento per la monarchia: il 25 luglio del 1943,  la guerra a fianco della Germania  volgeva al peggio e Vittorio Emanuele III, in accordo con parte dei gerarchi fascisti, revocò il mandato a Mussolini e lo fece arrestare, affidando il governo al maresciallo Pietro Badoglio.

 Il nuovo governo iniziò i contatti con gli Alleati per giungere ad un armistizio. All’annuncio dell’armistizio di Cassibile, l’8 settembre 1943, l’Italia precipitò nel caos. L’esercito nel suo complesso, privo di ordini, si sbandò e venne rapidamente disarmato dalle truppe tedesche; Vittorio Emanuele III, la corte e il governo Badoglio fuggirono da Roma.

Nel 1944  Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano a fronte delle critiche al comportamento di casa Savoia  propose, di accantonare la questione istituzionale fino alla fine della guerra.  La posizione fu “barattata” con la richiesta di estromissione di Vittorio Emanuele III dalla politica diretta, e fu istituita la “luogotenenza”, con la quale un soggetto non compromesso con il recente passato avrebbe rappresentato la Corona; fu Umberto II di Savoia, erede al trono, di immediato generale gradimento.

L’accoglimento della proposta togliattiana permise di formare un governo in parte idealmente rappresentativo del CLN e che quindi fu presentato come munito, in qualche modo, di un abbozzo di legittimazione democratica.

Il 31 gennaio del 1945, con l’Italia divisa ed il Nord sottoposto all’occupazione tedesca, il Consiglio dei Ministri, presieduto da Ivanoe Bonomi,  riconobbe con decreto il diritto di voto alle donne ( 2 febbraio 1945, n. 23). Il riconoscimento del suffragio universale arriva  dopo i vari tentativi iniziati 1881 e proseguiti nel 1907 dal movimento femminista ispirato da Maria Montessori ( prima laureata in medicina in Italia).

Gli aventi diritto al voto risultavano essere 28.005.449. I votanti furono 24.947.187 corrispondenti all’ 89,1%. I risultati ufficiali del referendum istituzionale furono: repubblica voti 12.718.641 pari al 54,3%; monarchia voti 10.718.502  pari al 45,7%; voti nulli 1.498.136. 559px-e_nata_la_repubblica_italiana1.jpg

Dal voto, l’Italia risultò divisa in due avendo un sud monarchico ed un nord repubblicano. Le cause di questa diversità di scelta possono essere ricercate nella storia seguita l’armistizio dell’8 settembre 1943.

Al Sud la guerra finì nel 1943, con l’occupazione alleata, gli aiuti stranieri e l’allontanamento del fronte aveva ritrovato una certa tranquillità ed un certo benessere.

Il Nord invece visse quasi due anni di occupazione tedesca e di lotta partigiana (contro i tedeschi ed i fascisti della RSI) e fu teatro della guerra civile. Le forze più impegnate nella lotta partigiana facevano capo a partiti apertamente repubblicani (partito comunista, partito socialista, movimento Giustizia e Libertà).

Forti furono le polemiche per presunti brogli elettorali, secondo i monarchici:

–         molti prigionieri di guerra si trovavano ancora all’estero

–         parte delle province orientali (Trieste, Gorizia e Bolzano) non erano ancora italiane e non  poterono votare

–         il clima di violenza durante la campagna elettorale

–         primi risultati pervenuti indicavano una netta prevalenza di voti pro-monarchia: la situazione stranamente cambiò di colpo

–         si proclamò la vittoria elettorale dei repubblicani senza attendere che la Corte di Cassazione proclamasse concluso lo spoglio.

La sconfitta della monarchia fu prevalentemente dovuta alla figura di Vittorio Emanuele III, considerato un debole e non in grado di gestire gli avvenimenti cui si trovò di fronte. Abbiamo già visto come nel 1922 il comportamento del re era stato determinante per l’ascesa del fascismo.

Nel 1938, Vittorio Emanuele III aveva promulgato le leggi razziali:  leggi molto impopolari fra gli italiani che provocarono numerosi suicidi tra gli ufficiali ebrei, che si spararono  prima di essere degradati o congedati.

Nel 1943 la decisione di Vittorio Emanuele III di abbandonare Roma, e l’esercito italiano per rifugiarsi nel sud subito dopo la proclamazione dell’armistizio di Cassibile,  fu visto come una vera e propria fuga e determinò ulteriore sfiducia degli italiani nella monarchia.

1946 Umberto di Savoia umbertoii.jpg lasciò l’Italia subito dopo il referendum, pur non riconoscendone la validità e rifiutandone i risultati.

Nella nuova costituzione repubblicana fu introdotta una disposizione transitoria con il divieto di entrare in Italia per i discendenti maschi di Umberto. Questa disposizione fu abolita nell’ottobre 2002 e Vittorio Emanuele, figlio di Umberto, poté entrare in Italia con la sua famiglia già nel dicembre 2002

1945-50 – Referendumultima modifica: 2009-04-12T09:22:00+02:00da storia60a
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